Bozze Recovery Plan, dal Green al digitale. Ammontano a 196 miliardi le risorse che, secondo la bozza del Recovery plan giunta sul tavolo del Consiglio dei ministri di lunedì 7 dicembre (testo sul quale non c’è stato il via libera del governo) l’esecutivo metterà per le sei macro-aree del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Alla digitalizzazione e innovazione saranno destinati 48,7 miliardi, all’area “rivoluzione verde e transizione ecologica” andranno 74,3 miliardi, al settore infrastrutture per una mobilità sostenibile 27,7 miliardi. Il capitolo “istruzione e ricerca” può contare su 19,2 miliardi, quello sulla Parità di genere su 17,1 miliardi, secondo la bozza. L’area sanità, infine, conterà su 9 miliardi. La bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza su cui è al lavoro il governo è di 125 pagine ed è divisa in quattro parti. Il testo traccia gli obiettivi, le riforme e gli investimenti, l’attuazione e il monitoraggio del piano e la valutazione dell’impatto economico. Le riforme e gli investimenti mirano a «una transizione green, smart and healthy».
La cecità e il mutismo dei dati a cui il positivismo mercatologico riduce il mondo, si trasmette anche al linguaggio, che si limita alla registrazione di quei dati, con qualche spruzzata di pathos benpensante capace di attirare le anime belle. Così i termini stessi diventano impenetrabili, acquistano un potere d’urto, una forza di adesione e di repulsione che li assimila al loro opposto, ossia alle formule magiche, alle pratiche incantatorie. Le mode linguistiche si affermano e si propagano in forma epidemica (e cioè alimentate da potenze economiche altamente concentrate) grazie al volano della digitalizzazione e molto più efficacemente di quanto facessero gli slogan che uscivano dagli altoparlanti dei fascisti tedeschi. La ripetizione universale dei termini impiegati per designare le varie misure finisce per renderle familiari, allo stesso modo in cui, all’epoca del libero mercato, il fatto che il nome di un prodotto fosse sulla bocca di tutti ne promuoveva attivamente lo smercio. Lo strato di esperienza che faceva delle parole l’espressione degli uomini che se ne servivano è stato completamente abraso e spianato, e nella pronta assimilazione dei moduli correnti la lingua assume quella freddezza ruffiana che essa aveva avuto, finora, solo sulle pagine di annunci dei giornali, inaridendo le trame di senso fino a una desertificazione di conio beckettiano.
Innovazione, sostenibilità, resilienza, green economy, transizione ecologica, smart, healthy, eco-compatibile, gender-free, geneder-neutral, 3.0… i cittadini come le istituzioni che li rappresentano adoperano parole e locuzioni che non sono in grado di intendere e che utilizzano soltanto per il loro valore behavioristico di posizione, come status, come simboli protettivi che finiscono per attaccarsi tanto più tenacemente e in modo ossessivo ai loro oggetti quanto meno si è in grado di afferrare, ormai, il loro significato linguistico. Il consiglio dei ministri parla senza sapere che cosa dice di “riforme” mentre gli spot ti chiedono ossessivamente se vuoi un mondo più green, un pianeta più sostenibile, e devono la loro popolarità proprio alla magia dell’indecifrabile sperimentata come il brivido di una vita più elevata, bella e colorata. Altri stereotipi come “innovazione” vengono ancora approssimativamente capiti, ma sfuggono all’esperienza che dovrebbe colmarli. Essi affiorano come relitti alla superficie della lingua parlata. Vi sono poi i mostri ideologici, come la parità di genere e la racial equality, che si impegnano a violentare chi vorrebbero difendere. Negli anglicismi d’importazione è stato rescisso anche l’ultimo vincolo fra l’esperienza sedimentata e l’idioletto, come quello che faceva ancora sentire la sua influenza benefica attraverso la lingua nazionale e i dialetti. In ogni parola si può distingue fino a che punto è stata sfigurata dall’internazionale progressista e come la lingua franca planetaria sia ormai totalitaria. Ma il gergo racconta la vita. Una vita in cui tutti sono liberi di baloccarsi su Amazon e di consumare prodotti seriali su Netflix mentre sono carcerati a causa di una pandemia epocale per arginare la quale si intende stanziare un terzo dei fondi che si vorrebbero stanziare per la mobilità sostenibile: la libertà nell’universo del dominio, che riflette sempre la costrizione economica, si rivela in tutti gli ambiti e sempre di più come libertà delle cavie.