La taglia piazzata sulla fronte di Novak Djokovic dall’Internazionale progressista e le isteriche grida dei babbuini mannari in cattività certificano un classico epigramma di Max Horkheimer: «Oggetto del riso non è più la moltitudine ansiosa di schiavitù, ma l’eccentrico che ancora osa pensare con la sua testa».
Per giorni il campione dei non vaccinati è stato multimedialmente schernito e offeso da tutti quegli schiavi che lo volevano in catene come loro, sobillati dalle spugne ridens della stampa. E poco ha zittito che due commissioni mediche australiane separate abbiano approvato la richiesta di esenzione al tennista e il tribunale gli abbia permesso di partecipare a un torneo che ha già vinto nove volte; chi sfida la regola fessa cui tutti i fessi del mondo sono sottomessi, deve essere ridicolizzato, fatto a pezzi.
Qualunque cosa abbia in serbo la vicenda sportivo-giudiziaria del campione – foss’anche l’ennesimo trionfo sul campo – temo che la sua messa al bando diverrà, da una prospettiva storica, l’atterraggio, lo schianto definitivo in una nuova demenza totalitaria. Ovvero il momento esatto in cui si smette di riflettere sulla direttiva – discrezionale, cretina, mostruosa – per adempiere macchinalmente al rispetto della prescrizione, all’esecuzione della procedura ideologica: l’eclissi della ragione.
Se leggiamo i giornali, nessuno si chiede più quale sia il senso di respingere un atleta sano solo perché non “conforme” alla siringa, ma i più si augurano un’esemplare repressione. Nessuno vede più la discriminazione insita nella norma, ma spalanca gli occhi di meraviglia per l’uguaglianza garantita dal sistema e si picca con chi, a questa uguaglianza repressiva, sfugge. Si gode perché il ricco, famoso e di talento viene represso come gli sventurati da poco, come gli scarti di confine, chiuso con loro in un tugurio. E gli altri poveracci, gli ultimi di ogni latitudine pandemica, saranno i primi a goderne. Dimenticando che Nole rimarrà un uomo libero per spirito e risorse, mentre loro sono già stato annientati tanto nelle risorse quanto nello spirito. Ma l’intollerabile affronto arriva quando il ricco, famoso, di talento usa i mezzi che ha per difendersi dalla pazzia conformista e vince; a quel punto il numero 1 del tennis mondiale diventa nemico pubblico numero 1. Non conta più la legge dei tribunali, ma solo il cieco ossequio al dogma ideologico che fa fremere di impotenza un esecutivo ansioso di purificare i confini dal virus dell’autodeterminazione.
Djokovic viene pertanto accusato di essere un protervo privilegiato, un prepotente, uno che se ne frega delle regole, nel patetico tentativo di criminalizzare il dissenso. Quando in realtà è soltanto un uomo che può permettersi, combattendo, di vivere al di sopra della minchionaggine pandemente.
Leonardo Sciascia, commentando la vicenda di Enzo Tortora, scrisse:
«È facile, scampanando retorica e solleticando un mai sopito plebeismo, fare apparire una vittima come un privilegiato». Al tennista non capiterà ciò che è accaduto al giornalista. Ma il plebeismo ha ancora fame di vittime privilegiate, oggi più che mai, per rendere sopportabile la propria disperata condizione; e come sempre l’oppresso sbaglia preda, perché tenuto alla catena dal vero privilegio, che lo vessa e al contempo lo aizza contro quel campione ancora capace di scuotere in lui l’orgoglio addomesticato, la libertà soffocata.
I commenti al caso Djokovic sono caricaturale affresco del pandemente plebeo alla catena. Quelli che “ci sono le regole e vanno rispettate, non importa chi tu sia”; “l’Australia è un Paese serio: se non fai come dicono loro, non entri” e quindi “Pensavo che l’Australia fosse un Paese serio e invece mi sbagliavo…” sono gli stessi che accoglierebbero in Italia anche l’ultimo dei contrabbandieri nigeriani perché “ospitalità è civiltà”, “più ponti, meno muri”, “no discrimination”. Democratici inclusivi che accusano me di xenofobia e poi salivano di smania laida per cacciare lo straniero, il diverso, l’eretico, l’impuro, il non vaccinato.
Fulgida testimonianza terminale sui valori dell’accoglienza, sinceri come i patimenti per la salute pubblica dei macellatori vaccinali e dei cravattari di governo.