Affezionatissimi,

come promesso rieccoci in uno spazio libero, senza questurini a interrogare e senza pretini a scomunicare. Certo la deriva decisionista del Premier pare indirizzare verso un tracciamento finanche dei sentimenti. Ma voi siete “veri amici”, quindi abbiamo poco da temere. Se vi dovessero fermare lungo le superstrade digitali e vi chiedessero di esibire un’autocertificazione, vi basterà affermare che state venendo a trovarmi.

Ci eravamo lasciati con il virus del razzismo, unica vera pandemia di cui aver paura. E ora nulla è cambiato. Ci eravamo lasciati con Giuseppe Sala, Giorgio Gori, Nicola Zingaretti a sobillare stuzzichini in bandaccia, per poi coltivare auspici di regimi militari. Oggi viviamo la stessa luminosa congruenza. Per il mio compleanno, caduto ancora il 4 maggio, nostro sindaco Beppe, appena prima di tuonare affabili ultimatum, ha deciso di regalarmi la riapertura dei parchi. Che primaverile allegrezza, che violette nel cuore respiro! Tuttavia, ha responsabilmente aggiunto che sarebbe «irrealistico promettere vera vigilanza». Ma ciò mi era già stato chiarito dagli agguati dell’empiria. L’altro giorno mi si avvicina uno spacciatore africano che conosco di vista e mi saluta: «Ciao boss… il cane no contento sempre guinzaglio». Gli spiego che il quadrupede se la passa meglio di me e via celiando. Il piccolo imprenditore e animatore culturale mi chiede se voglio roba. Domando dei Krumiri. Mi confessa di esserne sprovvisto. Allora sono a posto, grazie. Poi faccio un po’ il giornalista e intervisto: «Scusa, stupefacente fratello, ma a voi non consigliano di stare a casa? E’ pericoloso far capannello! Pensi che i neri siano immuni al Virus? Sarai mica razzista?!». Lui mi guarda, sorride sornione e mi dice: «Milano non si ferma amigo!».

Ma come sappiamo, la notizia del giorno è il ritorno di Silvia “Aisha” Romano. L’epopea di questa ragazza, pur nella gioia di una giovane vita in salvo, è fra le più fosche di cui avremo memoria. Speriamo che le femministe terzomondiste che rappresentano l’avanguardia culturale del pensiero occidentale ne traggano giusta morale. Leggo tantissimi commenti di entusiastico appoggio alle libere scelte di vita della sorridente Aisha. Una volontaria di 23 anni rapita a colpi di machete mentre cercava di aiutare dei bambini sfortunati, venduta a gente abituata a far stragi di studenti solo perché cristiani, segregata per 18 mesi in luoghi ostili, tornata convertita alla stessa religione dei tagliagole che ne hanno chiesto riscatto e con il nome di una sposa bambina… va un po’ oltre il Me Too e le pacche al culo sul luogo di lavoro. Va poi aggiunto che il presenzialismo istituzionale del governo, seppur struggente, stride un poco con l’assenteismo per la morte di Pasquale Apicella, forse meno esotico di Aisha.

Due piccole precisazioni conclusive di supporto agli “arguti” di sinistra. Asserire che Silvia abbia di fatto eseguito quello che la destra suggerisce con lo slogan «aiutiamoli a casa loro»… non vi fa passare per raffinati logografi. Vi rende solo due volte cretini. «Aiutiamoli a casa loro» non significa mandare allo sbaraglio garrule ragazzine armate di zainetto e longhine per i selfie in territori da incubo per poi doverle riscattare finanziando gruppi terroristici. Significa inviare contingenti organizzati di competenze primarie – medici, infermieri, ingegneri, tecnici specializzati, militari – in grado di soccorrere davvero e di edificare in relativa sicurezza dal niente della desolazione centrafricana. Infine, quando si biasima la veste con cui è atterrata Silvia-Aisha non lo si fa perché si abbinava male alla mascherina o allo zainetto. Lo si fa perché è il simbolo trionfante – visibile al mondo – dei suoi carcerieri. Levarglielo non sarebbe stato un sopruso contro la sua nuova fede; ma un gesto di clemenza proprio verso la ragazza, che per tutta la vita sarà costretta a rivedersi sorridente nei suoi abiti da islamista. Se Silvia ha trovato liberamente Allah in fondo al suo cuore – circostanza che le circostanze rendono poco verosimile – sarà lei a scegliere il velo che ritiene più degno di una donna, anche da oggi. Ma la spoglia verde con cui è stata immortalata e sparata dai media rappresenta il suo rapimento, la sua prigionia, il nostro riscatto e il martirio di tante ragazze meno fortunate, magari somale, finite sgozzate in un fosso dopo anni di schiavitù.

Bentornati!