«Dal 2024 per vincere un Oscar si dovranno rispettare severi requisiti d’inclusione. In pratica le produzioni dei film dovranno inserire, tra attori, trama e cast tecnico e promozionale, una percentuale minima di appartenenti a gruppi razziali, etnici o di genere sottorappresentati. Lo ha dichiarato ufficialmente l’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences sul proprio sito web. La “rivoluzione” degli Oscar avrà quindi inizio grazie a dei precisi “standard”. In pratica si tratta di quattro categorie professionali e tecniche riguardanti attori, comparse, trama e team di lavorazione ad ogni livello produttivo, progettate per incoraggiare un’equa rappresentazione dentro e fuori il grande schermo al fine di riflettere meglio la diversità del pubblico che va al cinema. La radicale trasformazione, alquanto programmatica, avrà bisogno però di qualche anno di tempo per essere implementata. Infatti si attenderanno le produzioni del 2024 sull’edizione degli Oscar 2025 per entrare a regime. Lo “standard A” prevede tre criteri. Il primo prevede che almeno un attore principale o non protagonista appartenga a un gruppo razziale o etnico sottorappresentato: asiatico; ispanico/latino-americano; nero/afroamericano; indigeno/nativo americano/nativo dell’Alaska; mediorientale/nordafricano; nativo hawaiano o altro isolano del Pacifico. Il secondo criterio prevede che in generale su tutto il cast nel suo insieme almeno il 30% di tutti gli attori in ruoli secondari e minori provenga da gruppi sottorappresentati: donne, gruppo etnico/razziale; LGBTQ+; persone con disabilità cognitive o fisiche o sorde. Il terzo criterio riguarda direttamente la trama del film. Infatti la narrazione principale dell’opera dovrà essere incentrata su un gruppo sottorappresentato (donne, LGBTQ+, ecc..). Basterà mostrare uno dei tre criteri per ottenere lo standard A. Lo standard B riguarda invece la leadership creativa e il team del film. Anche qui sono tre i criteri (ne basterà uno per ottenere lo standard B) nei quali dovranno essere presenti categorie sottorappresentate. Si va dal primo criterio, dove almeno due posizioni di leadership creativa e capi dipartimento – dal casting alla fotografia, dall’editor alla scenografia, passando dagli effetti visivi – dovranno appartenere ai sottogruppi elencati nello standard A. Secondo e terzo criterio dello standard B riguardano posizioni generiche all’interno dei vari comparti produttivi dove dovranno apparire almeno sei elementi dalle categorie sottorappresentate; infine il terzo criterio prevede che almeno il 30% dell’intera troupe appartenga alle categorie sottorappresentate. Standard C e standard D riguardano l’apprendistato regolarmente retribuito e le opportunità di stage, non solo nell’ambito della creazione del film ma anche nel settore marketing e pubblicitario del lancio del prodotto. Per poter essere candidati agli Oscar bisognerà quindi mostrare la propria idoneità avendo adempito ad almeno due tra gli standard A, B, C, D. L’Academy specifica anche che per le categorie lungometraggi d’animazione, documentari, lungometraggi stranieri, ci sarà una valutazione separata. “L’apertura deve allargarsi per riflettere la nostra eterogenea popolazione globale sia nella creazione di film sia nel pubblico che si connette con loro. L’Academy si impegna a svolgere un ruolo fondamentale nel contribuire a rendere tutto ciò una realtà”, hanno affermato il presidente dell’Academy David Rubin e il CEO Dawn Hudson. “Riteniamo che questi standard di inclusione saranno un catalizzatore per un cambiamento essenziale e duraturo nel nostro settore”» (Il Fatto Quotidiano). Nel frattempo, al Festival di Berlino arrivano gli Orsi genderless: aboliti i premi per attori/attrici per un nuovo standard di parità. “Crediamo che non separare i premi nel campo della recitazione in base al genere costituisca un segnale per una maggior consapevolezza e per una maggiore sensibilità in tutta l’industria cinematografica”, hanno commentato i curatori Carlo Chatrian e Mariette Rissenbeek .

 

Ora, lo confesso, sono confuso. Chiedo aiuto al nitore logico e alla visionaria rettitudine di questi “standard” e dei loro ingegneri. Dunque, se distinguo un uomo da una donna pecco di sensibilità e consapevolezza, perché distinguere significa negare chi non si riconosce in nessuno dei due generi. Non distinguere aiuta altresì a non fare differenze fra i sessi, che invero non esistono. Corretto? D’accordo. Ma come faccio a includere più donne come gruppo discriminato se non vi sono più generi? Come le riconosco?  E se, oltre ai sessi, neppure le razze hanno più sostanza poiché esiste solo la razza umana – come ci hanno sempre insegnato questi stessi ingegneri dell’ethos – in che modo identificare una razza sottorappresentata? Io non distinguo più fra un asiatico, un nero e un caucasico, grazie a Dio. Loro sì?! Hanno addirittura delle schedature?! Orrore!

 

Includere significa, letteralmente, serrare dentro, quindi imprigionare; imprigionare gli esseri umani in tipologie, ovvero inventariarli con criteri arbitrari?! Cielo! I feel myself fluido! Sono uomo? Non credo allo specismo, sono un figlio della natura! Maschio? E che vuol dire? Italiano? Cittadino del mondo, che è solo un granello di sabbia nell’universo! Caucasico? Non saprei, non guardo fisionomia o colore della pelle; talvolta fatico a riconoscermi nelle fotografie e devo vedere se c’è un tizio appoggiato a una moto o a una macchina. Sono disabile? Forse. Votare per la Meloni non fa di me un disabile? A sentire gli intellettuali di sinistra che leggono lo Zingaretti, sì. Ma poi, perché devono essere rappresentati i sordi e non, per esempio, le persone molto anziane? Perché quelli con disabilità cognitive e non quelli che andarono in piazza con le Sardine? Per riflettere sull’eterogena popolazione globale dovremmo inserire anche i pederasti, di cui il cinema ci narra spesso. La pederastia non è sottorappresentata? E gli erotomani? Mi auguro che Weinstein faccia valere la propria onorabilità nell’ambiente e la sua profonda amicizia con Meryl Streep per garantire una maggiore inclusione. E che dire della Cerimonia al Dolby Theatre di Los Angeles, che Hollywood amava inopinatamente definire “esclusiva”! Io mi sento escluso. Esigo, in quanto autorevole rappresentante degli italiani sovrappeso, di essere invitato; gradirei fra le prime file perché soffro di una forte anomalia refrattiva, che il dottor Figoli sarà felice di confermare.

 

 

Tuttavia, i veri artisti non accettano imposizioni dalla pruderie borghese né dall’ipocrisia di regime; l’arte esiste solo nella libertà, vive combattendo le contraddizioni e la negatività del reale, si sottrae ai diktat del dominio e lo schernisce. Così quel satanasso di Sean Penn ha già annunciato che in ottemperanza alle nuove disposizioni dell’Academy sull’inclusione, girerà un director’s cut del suo celebre film Into the wild, nel quale il protagonista Alexander Supertramp partirà verso le lande desolate dell’Alaska mano nella mano con un transessuale messicano (2 punti Oscar) e un bambino cinese, da loro adottato, nello zaino (3 punti Oscar). L’uso del genere maschile per transessuale gli è già costato la futura candidatura.