Ecco perché sono orgoglioso di non aver ancora preso per il culo Open. Lasciamolo in pace.

Sono le 13.25 di ieri, 26 maggio, quando Open pubblica la notizia di non aver dato la notizia che Silvia Romano si era recata dall’estetista. Una voce ripresa dalla maggior parte dei social e dei blog, di cui, però, io ho fatto a meno. Volutamente e con orgoglio.

 

Ma se la canzonatura del quotidiano fondato da Enrico Mentana diviene quasi superflua innanzi a tale fumettistica minchionaggine, più articolato dev’essere il giudizio sulle segnalazioni successive. Il direttore scrive: «Uno dei tanti motivi per cui è necessaria e urgente una riforma della giustizia è il colpevole perdurare della diffusione da parte della magistratura di messaggi privati, privi di qualsiasi rilievo giudiziario, di cittadini non coinvolti in alcuna indagine. Che poi questo avvenga in margine a un’inchiesta di magistrati su magistrati rende la cosa ancora più ingiustificabile».

 

Uno dei tanti motivi per cui siamo al degrado esistenziale è un giornalismo che di fronte allo spruzzo di merda liquefatta uscito dalle intercettazioni di Palamara, Auriemma e dalle dichiarazioni di De Magistris, si preoccupa dell’assenza di rilievo giudiziario dei messaggi privati di cittadini incolpevoli, magari come Zingaretti o forse nientepopo’… Napolitano. Del criminale uso politico della magistratura, della mucillaginosa immistione di stampa e giustizia, invece, non si riflette: volutamente e con orgoglio. Un giornalismo insetto, dittero cosmopolita, coprofago, che di quella merda si nutre, che di quella merda ha bisogno per esistere, che di quegli spruzzi si inebria. Travaglio – che avevo addirittura difeso in passato – lacchè della sua stessa maschera, tiranneggiato dalla sua stessa tirannia, costretto ad affermare: «Non mi risulta che Palamara o Auriemma si siano occupati dei casi di Salvini, fossero stati magistrati che indagavano su di lui aveva il diritto di ricusarli». Mentre il padre della patria, serafico, olimpico, osserva il suo Consiglio superiore rotolarsi nel virulento letame della faziosità politica senza distanziamento, senza sentire il bisogno di indossare una mascherina. Che a lui certamente impedisce di parlare.