«I tiranni quanto più saccheggiano tanto più esigono; quanto più devastano e distruggono tanto più ottengono, quanto più li si serve tanto più diventano potenti, forti, per tutto annientare e distruggere. Ma se non si dà loro più niente, se non si presta loro obbedienza, senza bisogno di combatterli e di colpirli rimangono nudi e sconfitti, ridotti a un niente». Basterebbe non dar niente, per ridurre a un niente questa cupola di strozzini dell’umano. E invece abbiamo ancora i vili e i cretini che porgono la mente, il braccio e si fanno codice a barre. Per mesi, anni, amici stimati, abbiamo subodorato zolfo nell’aria. Ci siamo mossi per tempo nell’annunciare, nel mettere in guardia. Non è servito. Neppure persone che abbiamo care e che stimano generosamente il nostro discernimento, si sono lasciati svegliare da torpore gregario. Eppure non possiamo passare oltre; dalla conquista delle loro anime passa l’esito di ciò che sarà. Sono in difficoltà e sono certo lo siete anche voi. Perché prendere posizione è prendere le distanze. Sermoneggiare rende noiosi. Strigliare, odiosi. Per settimane ho iniziato un articolo che si prefiggeva di percorrere lo snodo gordiano di questo tempo, di tutti i tempi: perché un uomo sceglie la servitù? Servi si nasce, senza colpe, come si nasce gobbi? Molti preferiscono servire, senz’ombra di masochismo, per la sola idea liberatrice di non essere padroni, di non dover prendere decisioni? Poi ho capito. Ho capito che rispondere non serve. Non serve risalire alle cause. Dare colpe a Dio o alla fragilità umana. Anche se basterebbe insegnare allo schiavo a non dar niente della propria libertà, per essere libero. Ho realizzato, e offro a voi questa modesta epifania, che l’unica possibilità sta nella conquista. Ci sono anime che vogliono essere tenute al guinzaglio. Che cercano un padrone. Sobillare libertà in chi la rifiuta è velleitario e crudele. Chiedere di pensare a chi si è volontariamente vaccinato contro il pensiero, tardivo. Offrire una guida alternativa è invece saggio e partecipe. Il piede di porco della pandemia è servito a questi quattro pidocchi dai mezzi quasi illimitati per scivolare sotto pelle alle moltitudini, sbrigliando il morbo della sottomissione digitale attraverso i conduttori della paura ancestrale e della vanità scema. Per reificare l’incubo dell’ispezione permanente. Che non ha volto, non ha colpevoli. Che penetra come un’entità invisibile e inevitabile. Come un virus. Per arrivare all’algoritmo di dominio, tuttavia, servono dei mandriani in carne ed ossa. E ci sono ancora. Anche se hanno il volto disumanizzato dello strozzo o quello robotizzato della replicante bambina. Per affrontare questa grottesca minaccia ci servono milizie di uomini e donne, contro queste delegazioni di maschere transumane. Nobili camalli triestini che mandano a dar via il culo la meschinità dei corruttori di Stato, un vicequestore che non sottomette la sua autonomia di pensiero alla finta sicurezza di regime, magistrati, medici, insegnanti, camionisti che non piegano la schiena. O magari una studentessa della mia Alma Mater, dove anarchici pankabbestia scuotevano le ipocrite sicurezze borghesi all’urlo “lotta dura senza paura!”, fomentando slanci rivoluzionari con bellicose t-shirt del Che e che ora sono in fila per farsi scansionare come neppure all’Opera nazionale balilla. Il pavido e il cretino non vanno convinti; vanno presi al lazzo. Con una propaganda diversa e contraria a quella pedestre degli Open più otturati e dei Libero più servi dell’Internazionale cravattara. Il tapino che bacia la mano che lo bastona, bacerà anche quella che lo prende per le corna e lo tira fuori dall’ano nero che lo risucchia e in cui si sente protetto. La caricaturale mediocrità del mostro che ci sovrasta non deve trarre in inganno. La sua forza si esercita proprio nell’agglomerare tutte le caricaturali mediocrità di passaggio con il magnete del numero, che fa sentire forti i deboli. Ma se dieci vigliacchi possono uccidere un singolo uomo coraggioso, diecimila pusilli cederanno le cerbottane di fronte a mille valorosi. Dalle mie osservazioni, ho misurato approssimativamente questo rapporto di forza: uno a dieci. E la paura è tutta dalla loro.